Letto di venerdì #11
«Transito» è un memoir, scritto da Aixa De La Crus appena compiuti i 30 anni e racconta la sua infanzia, adolescenza e giovinezza all’insegna della consapevolezza del corpo e dell’esperienza del dolore.
«Transito» è un’ode allo «stare all’erta», all’identità in mutamento.
È uno sguardo al movimento femminista degli ultimi anni, una critica emotiva continua in cui il dolore ha sempre uno scopo ed è un’azione più che una condizione.
Ho bevuto in un solo sorso questo libro, non tanto per la brevità p la scrittura quanto perché il transito che il titolo evoca (“Cambiar de idea” è quello originale) mette in moto il lettore, senza che si possa scegliere il contrario. Si parte e non ci si può fermare: bisogna passare attraverso.
Cambiare idea, che è una sorta di premessa emotiva per il transito – per il passaggio, per l’attraversamento, per il camminamento) succede a ogni pagina del libro. Il moto di lettura è di avanzamento, ma allo stesso tempo ci si può fermare a riflettere nel profondo e appresso alla vicenda si legge tutto d’un fiato e si acquista una sorta di consapevolezza sopita o addirittura scoperta, a seconda.
La citazione
Sono figlia delle paure di mia madre, la quale afferma che essere madre è scoprire la paura. Il suo motto prima era “Ciò che deve succedere, succederà”. La sua vita dopo il parto è stata quella di una guardia del corpo. Mi racconta che ho imparato a camminare molto presto e che mi seguiva a ogni passo, controllando che non inciampassi, e che fallì soltanto una volta. Eravamo nel paese dei miei nonni, dove il pericolo è meno incombente, e qualcuno aveva rotto dei vetri sulle scale della chiesa. Inciampai e ci caddi sopra. Mi rialzai piuttosto tranquilla, assorta nel sangue che mi macchiava le mani perché era la prima volta che sanguinavo, e a quel punto lei mi vide. Lanciò un urlo che paralizzò tutto il paese e che mi strappò un pianto. Quanto più lei gridava, tanto più io piangevo. E così è sempre stato da allora.
Transito, di Aixa De la Cruz, Giulio Perrone editore. Traduzione di Matteo Lefèvre