Nell’anno dei trenta (11)

Gli scatoloni con dentro i libri erano tre. Ieri li abbiamo svuotati tutti e la libreria che prima era solo mia è diventata nostra e sta nell’ingresso. Per comodità i miei libri erano finiti tutti altrove – al momento le librerie in casa sono diventate tre – ma poi, a un certo punto, mentre mettevo sugli scaffali i suoi libri – a me mettere i libri nelle librerie piace da matti – ho iniziato a mischiarli: come una trottola, facevo da un capo all’altro del corridoio e mischiavo, un pezzo di là uno di qua; le graphic novel tutte assieme, i libri illustrati tutti assieme, la sezione varia – cui in effetti io non ho contribuito  – tutta insieme, senza più distinzione tra mio e suo. Coste dopo coste dopo coste, doppie-doppie-doppie e poi sottili- sottili-sottili.

Così, senza pensarci, è venuto fuori lo scaffale della libreria che adesso sta nell’ingresso – ho sempre pensato che la prima cosa che bisognerebbe vedere appena entrati in casa dovrebbe avere a che fare con la vita: una scala, una pianta, un quadro, un contrabbasso, un pianoforte, uno specchio o, appunto, una libreria – e che potremmo intitolare Non è vero che due linee parallele non si incontrano mai: è composto dagli stessi libri, dello stesso autore, in edizioni diverse.

Mentre lo impilavo, questo scaffale, e sentivo dietro di me una risatina che si faceva sempre più partecipe, che asseriva approvazione, e si univa alla mia come segno di intesa, ho cominciato a chiedere alla vita perché ci avesse messo così tanto, redarguendola, perché, in fondo, era facilissimo: Io sono talmente semplice, vita, come hai fatto a non essertene accorta? Cosa pretendevi? Che ti venissi a chiedere quello che volevo? Io? Ma hai presente con chi stai parlando? E lei deve aver pensato, son sicura, Veramente sei tu che mi parli. E poi ho continuato io: E perché, dio mio, non sei arrivata prima, eh?
Non ha risposto, è fatta così, ma, mentre, to-toc, spingevo con l’indice la costa dell’ultimo libro di quello scaffale, devo aver detto quell’eh finale ad alta voce, poiché lui mi fa: Eh?
Eh, ho detto io, ma te, mentre mi sbagliavo terribilmente, mentre pensavo di aver capito ogni cosa, mentre mettevo a posto a casaccio, te, dio mio, dov’eri?
Se la vita non risponde, lui invece sì: Perché tu? Tu dov’eri?

Eh.