L’arroganza dell’ultimo giorno

Fino a stamattina alle 9.07 e 5 secondi ero felicissima: da lunedì si ricomincia.
Senso di ebrezza, confusione, destabilizzazione, gioia, eccitamento, ringalluzzimento e boccate d’aria fresca tutte insieme nelle narici: fino a stamani ero così. Lo sono stata per qualche giorno, precisamente da lunedì, da quando è iniziata la mia ultima settimana nel posto che mi ha tenuto, accarezzato, urtato per 4 anni e mezzo. No, non sono molti, ma sono i primi e quindi sembrano almeno il doppio.

Oggi che è l’ultimo giorno feriale di lavoro, sui vetri del Palazzo di Vetro piove, negli scaffali c’è nulla che mi appartenga, accanto a me c’è un cartonato speciale e tutto intorno i miei colleghi parlano come se niente fosse, come se io lunedì mattina ci fossi ancora o come se me ne fossi già andata da mesi.

L’ultimo giorno è un giorno arrogante in cui speri soltanto che mancherai a tutti, a quelli che si culleranno con l’affetto di saperti contenta e a quegli altri che invece ti rimpiangeranno e basta.