Caro Osvaldo

1. Tu sì che capisci le donne.
2. Tu sì che dici le cose come stanno.

La prima volta in redazione mi arriva una lettera facile: fortunato. Lei ama ancora lui e lui l’ha tradita. Facile: mollalo. Me la cavo in tre righe, scrivendo anche capisco il tuo dolore, l’ho provato anche io e finendo con con affetto, Teresa.
Mi risponde, un po’ risentita:
Gentile Teresa, mi rendo conto che lei è nuova qui sul giornale, ma forse non ha capito bene la mia storia. Gliela rispiego. Ho un marito che mi ha tradito ed io non so più se voglio continuare a stare con lui. Mi ha fatto soffrire, non credevo sarebbe mai successo, io non l’ho mai fatto, e lui ha scelto un’altra. Non so nemmeno com’è fatta, ma ecco, è un’altra. Non sono le mie parti del corpo. Lui mi ha chiesto scusa, mi ha detto che non succederà più, ma non so se credergli. La questione è il corpo, gentile Teresa, la questione che mi strangola di notte è il corpo. Il suo. Mi ha capito ora?
Basito. Avevo capito benissimo e secondo me avrebbe dovuto lasciarlo: se non sopporti la condivisione del corpo, le ho scritto, lascialo. Sicuramente lo rifarà.

Male. Tu non sai consolare.
Rita, ma come? Dovevo dire una bugia?
No. Essere diplomatico.
Ma io dico le cose come stanno.
Male. A nessuno interessano le cose come stanno. Poi, chi ti ha detto che hai ragione?
I fatti.
Quali?
Un uomo che radisce lo rifà. Può rifarlo.
Anche uno che non l’ha mai fatto.
C’è meno possibilità.
Non stiamo parlando di statistiche, qua.

La mangi ‘sta frittata o no?
Sì sì la mangio.

Rita a volte è meglio di mia sorella. Quando proprio sono in crisi, al mattino vado due fermate più in là di Lambrate, mi faccio dire la sua opinione per bene: ho scoperto che le risposte articolate vincono sempre sul lettore. Ti rispondono sempre grazie, davvero grazie. Sì davvero: con virgole e punti e la parola davvero. E Rita, volendo, può stare a parlare per ore: davvero.
Le sto simpatico per via della posta del cuore, me l’ha detto qualche volta, tra un sorriso e l’altro. Un giorno addirittura ha appoggiato la testa sulla mia spalla dicendomi la tua giacca profuma di velluto. Ma era di lino ed era estate. Il profumo del velluto è quando ci vuoi mettere dentro il naso, lo strusci e lo gratti e sei liscio tutto il giorno. il profumo del liscio, il velluto ha il profumo del liscio e del pelo nelle narici e te lo tieni dentro tutto il giorno così ti proteggi dal resto, non senti più niente dopo l’odore del velluto, è per questo che lo mettono attorno alle chitarre.

Rita faceva la sarta. Il suo telaio lo teneva vicino alla finestra, c’era più luce e guardava la gente passare così se non sapeva come fare un orlo, vedeva come erano fatti quelli delle ragazzine che uscivano dal collegio, di fronte casa sua. Se non sapeva come fare la piega a una gonna, guardava Rosa mentre andava in collegio a insegnare italiano.
Non ho mai imparato per davvero. Guardavo e rifacevo tutto, mi ha detto una volta.
Com’è che hai smesso?
Toglie la guancia dalla mia spalla. Mi sorride.
Lambrate è passata da due fermate.

3. Tu non sai cos’è la nostalgia.