And he was trying (cit.)

Succede sempre che nei giorni precedenti e immediatamente successivi al 12 settembre, su certi siti e sui social network, da quattro anni a questa parte, si ripubblichino, si facciano ricircolare o si condividano molte cose su David Foster Wallace: il 12 settembre è l’anniversario del suo suicidio.
Dato che non sto dietro a tutto sempre, a  volte mi perdo delle cose e mi dispiace, le leggo in ritardo di mesi e mi dispiace, quest’anno ho collezionato articoli e post e video, senza leggerli, per una settimana circa e li ho raccolti tutti qui – non serve spiegarvi il motivo: basta leggere cosa c’è scritto sulla mia porta.
Questo “catalogo” non è esaustivo, né pretende di esserlo: è solo quello che mi è capitato sotto agli occhi nell’ultima settimana e stasera leggerò tutto insieme: si chiama Sai perché scriviamo? Per non restare soli.

Magari l’anno prossimo lo aggiorno ancora.

What does culture want? To make infinity comprehensible.
It also wants to create order — not always, but often.
And how, as a human being, does one face infinity?
How does one attempt to grasp the incomprehensible?
Through lists, through catalogs, through collections in museums
and through encyclopedias and dictionaries.
(Umberto Eco, l’ho trovata in inglese, vai a capire poi perché.)