Letto di venerdì 04
Alfred Brendel racconta la musica come racconterebbe il mondo e un pianista come l’essere umano più imperfetto che lo abita
Ogni volta che si ha a che fare con un linguaggio, si ha a che fare con regole, modi di dire, costruzioni implicite, conosciute da chi parla quella lingua e la usa.
Io e il linguaggio della musica siamo a due poli opposti del mondo, ma non sono altrettanto lontana dal linguaggio del pianista, che è un interprete, a volte ribelle a volte puntuale, di un linguaggio più grande.
Alfred Brendel commenta ogni vocabolo del suo abbecedario rapportandolo alla pratica della musica, alla sua realizzazione ultima, a come occupa lo spazio e a come si infila nell’orecchio e mi illudo che possa arrivare sino a me, che delle regole dimentico quasi tutto.
Brendel racconta la musica come racconterebbe il mondo e un pianista come l’essere umano più imperfetto che lo abita e io ho letto, vocabolo dopo vocabolo, centellinando e scegliendo.
La citazioni
ESTREMI
Ci sono gli stremisti del tempo. Suonano il presto ancora più veloce e il lento ancora più lento dei comuni mortali. Ma ci sono anche gli estremisti dell’intensità del suono. Per loro, quanto nel paesaggio musicale si trova fra il più forte possibile e il più piano possibile resta terreno improduttivo. Questo spazio intermedio va coltivato! L’intera gamma delle dinamiche e dei tempi deve essere a disposizione. Gli estremi andrebbero azzardati solo là dove sono necessari alla musica.
Abbecedario di un pianista, Alfred Brendel, Adelphi. Traduzione italiana di Clelia Parvopassu